

Fra le chiese e la storia
Alessandro Fadelli
Può apparire incredibile che una terra per secoli povera come il Pordenonese abbia potuto edificare e mantenere in vita così tante chiese, e ornarle di una miriade di opere d’arte dipinte e scolpite. Ma sappiamo che la gente del passato, che pur viveva in abitazioni minuscole, fredde e prive d’ogni moderno comfort, voleva che la “casa del Signore” fosse il più possibile bella, che diventasse un orgoglio per il paese, magari a confronto di quella del borgo vicino.
Ecco dunque che si sono col tempo eretti e abbelliti, a prezzo di sacrifici e donazioni, centinaia di edifici sacri; che non ospitano, in verità, veri capolavori d’arte (ma qualche “quasi capolavoro” qua e là comunque si trova), bensì innumerevoli esempi di arte, talora provinciale, a volte invece di respiro più ampio. Venezia d’altronde non è lontana, e da lì sono arrivati in continuazione prestigiosi modelli, artisti attirati da committenze non trascurabili e, soprattutto agli inizi dell’Ottocento, anche opere d’arte messe in vendita dopo la soppressione di chiese, conventi e confraternite veneziane. Alcuni nomi ritornano più volte, visitando le nostre chiese: innanzitutto Giovanni Antonio de Sacchis, detto il Pordenone, che tra la fine del ’400 e gli inizi del ’500 con la sua potente pittura rivaleggiò con i più grandi in Italia; e poi suo genero Pomponio Amalteo, di tutt’altro livello, ma comunque di ottimo mestiere, e ancora il carnico Gianfrancesco da Tolmezzo, predecessore del Pordenone, e altre figure locali, sospese fra eccellente artigianato e vera arte, come i tanti lapicidi autori di statue, altari e fonti battesimali, provenienti in genere dalla fascia pedemontana. Difficile scegliere, fra i tanti scrigni d’arte ancora esistenti tra Livenza e Tagliamento.
Bisognerà senz’altro partire dalle chiese maggiori dei centri principali, spesso con una storia lunghissima, come il duomo di Spilimbergo, con i suoi inconsueti sette rosoni; il duomo di Maniago e quelli di S. Vito al Tagliamento e di Valvasone, nonché l’incompleto, ma comunque stupendo, duomo di S. Marco a Pordenone, ora concattedrale. Non si creda però che le bellezze siano racchiuse solo nelle maggiori cittadine: in paesini discosti o persi nei campi, si possono a volte trovare gioielli inaspettati, come le chiese di S. Giuliana e di S. Gregorio a Castel d’Aviano, decorate con meravigliosi affreschi tre-quattrocenteschi; o come le chiesette dei Battuti a Valeriano di Pinzano, di S. Leonardo a Provesano di S. Giorgio della Richinvelda, di S. Antonio abate a Versutta di Casarsa e di S. Maria in Tavella a Fiume Veneto, pure con affreschi stupefacenti. Senza scordare poi due luoghi suggestivi (e non è un termine qui usato banalmente) quali sono l’antica e austera abbazia benedettina di S. Maria in Sylvis di Sesto al Reghena e il santuario della Santissima Trinità di Coltura di Polcenigo, a pochi passi dalle scenografiche sorgenti del Livenza, un tempo meta di devoti pellegrinaggi.
- Santuario della Santissima Trinità a Coltura di Polcenigo
- Chiese di S. Giuliana e di S. Gregorio a Castel d’Aviano
- Duomo di S. Mauro a Maniago
- Oratorio di S. Maria dei Battuti a Valeriano di Pinzano al Tagliamento
- Duomo di S. Maria Maggiore a Spilimbergo
- Chiesa di S. Leonardo a Provesano
- Duomo del SS. Corpo di Cristo di Valvasone
- Oratorio di S. Antonio abate a Versutta
- Duomo dei Ss. Vito, Modesto e Crescenzia di San Vito al Tagliamento
- Abbazia di S. Maria in Sylvis di Sesto al Reghena
- Chiesa di S. Maria in Tavella a Fiume Veneto
- Duomo di S. Marco a Pordenone
Percorso storico-culturale tra i castelli del pordenonese.
Se andate in cerca di castelli nel Friuli pordenonese, non aspettatevi di trovare châteaux come quelli della Loira, né grossi e arcigni manieri come quelli inglesi o tedeschi: qui la Storia ha lavorato in maniera solitamente più ristretta, “economica”, con edifici piccoli, essenziali, spesso davvero spartani. La Storia ha poi fatto sì che molti castelli dal Medioevo nel quale erano nati non siano riusciti ad arrivare fino ad oggi, se non sotto forma di ruderi più o meno irriconoscibili. Molto hanno pesato i terremoti, soprattutto quelli del 1511 e del 1976, ma anche incendi, guerre, abbandoni e incuria del pubblico e dei privati, sicché oggi si stenta a trovare le tracce di parecchi manieri. Anche sotto forma di ruderi, certi castelli riescono comunque ancora adesso a esprimere la loro antica forza, a portarci con l’immaginazione agli inquieti secoli tra il Mille e l’inizio dell’età moderna, quando erano punti di controllo del territorio e della viabilità, centro di raccolta delle tasse, rifugio in caso di invasioni o scorrerie, presidio di feudatari che si tramandavano di padre in figlio queste dimore fortificate, oppure di persone di volta in volta investite della loro custodia da poteri superiori, come imperatori, patriarchi o vescovi. La diffusione delle armi da fuoco, in particolare dei cannoni, e la maggior tranquillità assicurata dalla lunga dominazione veneziana (1420-1797) hanno reso in seguito i castelli sempre meno utili, se non controproducenti. Molte famiglie nobiliari hanno pertanto lasciato le loro scomode rocche situate su colli scoscesi per scendere a valle, in palazzi più confortevoli. Da quel momento è iniziato l’inarrestabile degrado degli antichi apprestamenti difensivi castellani, accelerato, come s’è detto, anche dai tanti sismi che hanno disastrosamente segnato la storia di queste zone. Chi sale ora sulle alture pedemontane per vedere i castelli di Caneva, Montereale, Maniago, Meduno, Toppo, Solimbergo o Pinzano non trova altro che mura sbrecciate, torri mozzate, cumuli informi di pietre; oppure sorprendenti gusci vuoti, come il castello di Polcenigo, che è in realtà una sontuosa villa veneta settecentesca costruita laddove c’era il maniero medievale ormai cadente. In qualche caso si sono salvate solo delle parti, com’è avvenuto per i resti del borgo fortificato di Castel d’Aviano, per i castelli di Maniago e di San Vito o per la possente torre di Sbrojavacca/Torrate. Reggono bene invece altri castelli, soprattutto in pianura, come quelli – davvero affascinanti – di Spilimbergo e di Valvasone, due veri gioielli, o quelli non meno suggestivi di Porcia, Torre, Zoppola, Cordovado e Cavasso Nuovo, pur tutti ampiamente restaurati, se non interamente rifatti rispetto agli austeri edifici del Medioevo. C’è infine il castello di Pordenone, che ha sofferto molti cambi d’uso e conseguenti alterazioni: oggi funziona ancora come carcere, ma in una prospettiva non troppo lontana, una volta sparite celle e sbarre, diventerà – si spera – un luogo di incontro e di cultura.
- Castello di Caneva
- Castello di Polcenigo
- Castello di Castel d’Aviano
- Castello di Montereale Valcellina
- Castello di Maniago
- Castello di Cavasso Nuovo
- Castello di Meduno
- Castello di Toppo di Travesio
- Castello di Solimbergo di Sequals
- Castello di Pinzano al Tagliamento
- Castello di Spilimbergo
- Castello di Valvasone
- Castello di Zoppola
- Castello di San Vito al Tagliamento
- Castello di Cordovado
- Castello di Torrate-Sbrojavacca di Chions
- Castello di Torre di Pordenone
- Castello di Pordenone
- Castello di Porcia
