

Nei luoghi delle Aganis
Erika Di Bortolo Mel
Lis Aganis (o Agani, Aganes, Anguanis, Ganes, Saganas) sono figure fondamentali della narrativa di tradizione orale del Friuli, in particolare delle zone pedemontane della Destra Tagliamento e delle aree al confine con la Slovenia. Donne misteriose e sfuggenti che vivono quasi sempre in prossimità dei corsi d’acqua, spesso intente a lavare i panni, eleggono a loro dimora grotte e anfratti, delle quali sono regine. Dai fluenti capelli, possono assumere fattezze leggiadre e seducenti oppure ferine, con lunghe mammelle che in tal caso gettano dietro la schiena per poter camminare, o piedi di capra. Di solito riconoscenti con chi dimostra loro gentilezza, non è raro che ricompensino le donne intente come loro ai lavori femminili. Possiamo considerare lis Aganis come le eredi delle sacre figure muliebri che da sempre albergano nei boschi, luogo della natura selvaggia e indomita, nelle grotte, richiamo al corpo della Grande Madre, e soprattutto vicino all’acqua, universale simbolo di vita, di fertilità, di prosperità. Esse sono le custodi, non di rado ambivalenti, di un mondo dove l’umano è solo la parte di un tutto, inserito nel fluire eterno del tempo. La loro presenza ricorre nell’immaginario friulano, come pure in quello bellunese e dolomitico e, con altri nomi, in quello di altre regioni italiane ed europee e, conferendo un tocco numinoso a tanti luoghi di stupefacente bellezza che disseminano le nostre valli.
Bûs da li Anguanis
Un’Anguana che dimorava in questa zona aveva, secondo la leggenda, sposato un uomo di Fratta di Maniago, col quale aveva avuto due figli. Si era raccomandata che nessuno la chiamasse mai con l’epiteto “gjambis di cjâra”, gambe di capra, o piel di cjâra, pelle di capra. Durante un litigio, un giorno al marito sfuggì di chiamarla proprio «gjambis di cjâra», al che lei abbandonò la famiglia e tornò a vivere nel Bûs da li anguanis. Ritornava di nascosto, però, a svolgere le faccende domestiche e a prendersi cura dei bambini, e questo andò avanti per molto tempo, fino a cessare repentinamente. In seguito il marito, alzando una pietra del pavimento, trovò una grande biscia, morta: era l’anguana, andata lì a finire i suoi giorni.
Castello di Pinzano
Il castello di Pinzano, risalente all’XI secolo, dal 1352 passò sotto il dominio dei Savorgnan. Si riferiscono ad esso numerose leggende: già nel 1891 Valentino Ostermann, il primo etnografo friulano, scriveva di una donna che si trovò durante la notte a transitare vicino al castello, nonostante fosse un luogo non molto raccomandabile per via degli strani episodi che vi accadevano. Le apparve la scena terrificante di un guerriero ricoperto da un’armatura di ferro che lottava contro un leone, e la malcapitata, gridando aiuto, svenne per la paura. Le vennero in aiuto lis Aganis di Arzino e Tagliamento, che dopo averle offerto… un caffè – in altre versioni un più verosimile falcetto – tentarono di portarla via con loro. Avendo però lei invocato il nome della Madonna, le Aganis improvvisamente sparirono, così come erano apparse.
Val d’Arzino: la Cjasa de las Saganas
Secondo la ricercatrice e poetessa Novella Cantarutti, mentre in Val Meduna lis Aganis sono donne belle che compaiono presso fonti e acque, simili a quelle della Val Colvera, nelle Valli Cosa e Arzino sono esseri malefici, che avrebbero fatto nascere per dispetto le grotte di Pradis; inoltre, las sagànas del rio Barquèt (o Barquiat, o Barquêt) presso Vito d’Asio rapivano i bambini. Sulla destra del rio, a monte della sorgente, vi è una grotta detta significativamente La Cjasa de las Saganas. Giovanni Marinelli scriveva che la fonte del Barquèt, affluente dell’Arzino, “era detta delle Agane”. Essa si trova tra Vito d’Asio ed Anduins, è di natura solforosa. Le Agane di Fùas Cedolins presso Pielungo erano invece feminas bedescolcias, fassadas malamentri cui cjaviei luncs (donne scalze, vestite alla meno peggio, coi capelli lunghi) che vivevano in una grotta.
1. Bûs da li anguanis
2. Castello di Pinzano
3. Val d’Arzino: la Cjasa de las Saganas
