Valle di emigranti – Nadia Boz

Valle di emigranti

Nadia Boz

Racchiusa tra le moli dolomitiche delle Prealpi Carniche, attraversata dalle acque torrentizie del Cellina e del Vajont, la Valcellina presenta un ambiente difficile e una storia profondamente legata al suo territorio, tanto aspro e povero di risorse da costringere la popolazione ad accompagnare le tradizionali attività agricole e silvopastorali a diverse tipologie di emigrazione.

La prima forma di mobilità che caratterizzò la valle fu il commercio ambulante, incentrato principalmente sulla lavorazione del legno e storicamente legato alla produzione del centro fabbrile Maniago. La città del coltello ospita il Museo dell’Arte Fabbrile e delle Coltellerie, dove i percorsi sull’evoluzione del distretto industriale mettono in luce il ruolo centrale agito dai venditori girovaghi nelle dinamiche di distribuzione degli articoli. «Furono soprattutto gli abitanti di Barcis [e di Andreis] la causa efficiente del rapido moltiplicarsi delle officine, del continuo accrescere dei tipi e forme di coltelli e temperini e dello stesso miglioramento della produzione» scriveva il poeta Giuseppe Malattia della Vallata nel 1925 in riferimento all’industria di Maniago. 

Le amene località della bassa valle erano raggiungibili da Maniago attraverso il percorso montuoso di Val de Crous, oggi sentiero CAI 967: Andreis accoglie il visitatore con la sua architettura tipica dei dàlz, espressione di un sapiente legame con l’ambiente; Barcis, interamente ricostruito dopo l’incendio nazista del 1944, si specchia nelle acque del lago Aprilis. Qui l’impoverimento dell’economia locale di fine dell’Ottocento innescò nuove partenze: operai di fabbrica, muratori, minatori si trasferirono numerosi in Belgio, in Francia, in Lussemburgo, ma anche in Svizzera e oltreoceano, mentre le giovani ragazze si recavano per lo più a servizio nelle maggiori città italiane. 

Nel cuore del Parco delle Dolomiti Friulane, ampi bacini ospitano gli insediamenti di Claut, Cimolais e, più oltre, Erto e Casso. Nell’alta valle il commercio ambulante rappresentò per secoli l’esperienza migratoria principale: già attorno ai primi del Cinquecento gli abitanti si mettevano in cammino vendendo asticciole di legno di abete impregnate di resina e ancora agli inizi del Novecento a Erto si contavano venditori di coste (cerchi per stringere le forme di formaggio). Col passar del tempo, però, le donne divennero le protagoniste del flusso: incaricate della distribuzione degli articoli di artigianato, tirando un carretto carico di cucchiai, mestoli e pantofole in stoffa, a cadenza stagionale si spostavano seguendo una rete di percorsi in Italia settentrionale fino in Istria. Si trattava delle Sedonere, le venditrici ambulanti la cui storia è ben documentata nel Museo della Casa Clautana. Eppure non mancarono esperienze differenti: gli abili boscaioli di Claut raggiunsero temporaneamente la Romania, numerosi Cassani si stabilirono nello stato di Santa Catarina in Brasile e, più recentemente, un flusso considerevole di famiglie di Erto, Claut e Cimolais interessò la Germania, dove emigravano stagionalmente a confezionare e vendere gelato. 

Così, per decenni, dalle comunità di migranti sorte di là dai monti, giunsero sostanziose rimesse cui si devono i volti rinnovati dei borghi d’origine. 

  1. Erto
  2. Cimolais
  3. Claut
  4. Barcis
  5. Andreis