Storia

Nel 1866, anno dell’annessione di Pordenone al Regno d’Italia, la cittadina del Noncello vantava già una realtà industriale di tutto rispetto; tra le attività spiccava per il numero di addetti il comparto tessile che negli anni successivi diventerà l’elemento trainante per tutta l’economia del Mandamento pordenonese e quindi era impossibile rimanere insensibili sulla sorte di migliaia di lavoratori e lavoratrici che erano esposti a infortuni e malattie senza nessuna forma di tutela.

A Pordenone un primo concetto di mutualità aveva fatto capolino nel 1864 quando la città si trovava ancora sotto il dominio austriaco; era stato l’abate Vincenzo Marini a richiedere l’autorizzazione che avrebbe permesso di costituire una associazione di mutuo soccorso tra artigiani. Quell’iniziativa era stata vista con sospetto in quanto si temeva che la società celasse l’attività di gruppuscoli politici ostili all’Austria; tra l’altro i moti di Navarons avevano toccato anche Pordenone rendendo sospettosi gli austriaci. Non se ne fece nulla ma intanto il seme era stato gettato e si manteneva vivo nelle coscienze. Nei due anni successivi il quadro geo-politico era stato letteralmente stravolto. Il 14 ottobre 1866 Pordenone era imbandierata e giubilante: giuravano i Sindaci di un territorio finalmente libero. A margine dell’evento il Commissario Regio Quintino Sella, tra l’altro co-fondatore del Club Alpino Italiano, aveva presenziato ad un’assemblea nella sala del Teatro Sociale. Il convegno doveva gettare le basi per l’istituzione di una Società Operaia e accanto al politico piemontesi sedevano il sindaco di Udine Giacomelli, l’imprenditore tessile Giovanni Antonio Locatelli, il signor Giorgio Galvani e l’avvocato Nicolò di Polcenigo, mentre la Commissione che aveva promosso l’evento era guidata da Valentino Galvani. I pordenonesi erano accorsi in buon numero, informati da un manifesto stampato nella Tipografia dei Fratelli Gatti, dove s’invitavano i CITTADINI, OPERAJ E ARTISTI ad aderire all’iniziativa.  Non si era voluto por tempo in mezzo e un paio di mesi dopo tutto era pronto.

Correva la giornata di sabato 8 dicembre 1866 quando in un affollato Teatro Sociale si era svolta la prima assemblea della nuova Società Operaia. Pochi giorni dopo, il 13 dicembre, il giornale di Udine LA VOCE DEL POPOLO aveva relazionato su quell’evento, ricordando che nella sala del Teatro si era deciso sia il primo presidente nella persona dell’orefice Francesco Marsure, sia che i due vice-presidenti sarebbero stati Schiavo e Sartor. Iniziava così il lungo viaggio della Storica Società Operaia di Mutuo Soccorso ed Istruzione di Pordenone

Fondata ufficialmente la Società, era necessario mettersi all’opera. La classe operaia pordenonese attendeva il mutuo soccorso ma desiderava anche l’istruzione.

Centinaia di lavoratori dell’imponente comparto tessile, della Fabbrica Terraglie Galvani e delle altre attività esistenti nel territorio s’iscrivevano alla Società con la consapevolezza di far parte di un grande progetto che fin dal 1867 aveva garantito i sussidi e successivamente (1872) la possibilità di frequentare la Scuola di Disegno applicato alle arti e ai mestieri che nel periodo di massimo fulgore era arrivata ad avere centinaia di allievi, ottimi insegnanti e un materiale didattico di prim’ordine. Quella scuola, inizialmente partita in sordina, aveva preparato gli operai e gli artigiani che avevano potuto elevare sia il loro grado d’istruzione e di conseguenza anche la loro posizione all’interno delle fabbriche. Tre anni prima (1869) era entrata in funzione una biblioteca circolante che era stata apprezzata dai pordenonesi. È del 1879 la costituzione di un fondo intangibile per i Soci inabili al lavoro. In campo economico la S. O.  aveva contribuito alla fondazione (1880) della Banca di Pordenone; un decennio dopo (1890) arriveranno i cosiddetti “prestiti sull’onore” per quei Soci che stavano vivendo un difficile momento economico.

Nel 1889 con il contributo della S. O. è aperta la “cucina economica popolare” a beneficio dei meno abbienti. È invece del 1901 l’istituzione di una “scuola libera popolare” e un anno più tardi ecco la “scuola serale elementare” sorta con lo scopo di contrastare l’analfabetismo diffuso soprattutto tra le classi sociali più povere. Accanto a queste scuole, che in seguito saranno assorbite dallo Stato, già nel 1899 era nata una felicissima iniziativa, la “Scuola Serale di Pratica Commerciale” che prenderà il nome dal suo benemerito direttore, il professor Amilcare Caviezel. Già nei primi decenni del Novecento proprio da quella scuola erano usciti i giovani destinati a divenire ottimi impiegati, e in molti casi anche i dirigenti, di tante aziende pordenonesi. Va detto che per quanto attiene al campo educativo le iniziative della S. O. non si sono mai poste in antitesi con quelle proposte dall’Amministrazione statale, ma le hanno integrate in maniera discreta e intelligente modulando l’offerta in base alle necessità indotte dalla locale economia. L’attenzione per i lavoratori è attenzione verso le famiglie.

Correva il 1903 quando la Società Operaia, in accordo con l’Amministrazione comunale, dava vita ad un soggetto destinato a durare un secolo e ad avere un notevole successo. La Pro Infanzia (1903), infatti, arrivava trentacinque anni dopo l’istituzione (1868) dell’Asilo Vittorio Emanuele II che aveva visto la S. O. M. S.I.  collaborare con il Comune per dare tutela ai più piccoli.  La Pro Infanzia si occupava del benessere fisico e morale dei fanciulli e per far questo nella stagione estiva la gioventù era avviata alle colonie alpine e montane. La prima è stata Poffabro (1921), poi era arrivata la Val Pesarina con Pradibosco (1930) che nel 1949 si abbinerà con il mare di Caorle.  I bambini e i ragazzi pordenonesi lasciavano l’afosa cittadina con il desiderio di respirare le buone arie della montagna e la salubre brezza marina.  Nello stesso 1903 la Società Operaia diventa co-fondatrice di un progetto edilizio che aveva avuto successo e che costituiva una novità per Pordenone: la costruzione di case popolari. Non tutte le iniziative erano andate a buon fine; nel 1890-91 all’interno della Società Operaia si era cercato d’istituire una Sezione femminile, un magazzino e un forno cooperativo, ma forse i tempi non erano ancora maturi per queste interessanti novità.

Miglior fortuna, invece, aveva avuto nel 1904 una sottoscrizione promossa dalla Società Operai, che garantiva il grano ai più bisognosi. Nel 1937 ecco la prima gita sociale effettuata a bordo delle corriere dei Puppin, gestori del Garage Italia di Via Bertossi. Nel 1946, nel 1947 e nel 1949, arriveranno rispettivamente una piccola cassa di risparmio tra i Soci, l’istituzione della Cassa prestiti ai Soci e il primo premio natalizio destinati ai Soci anziani.  Intanto ben due guerre erano passate non senza un lungo strascico di lutti e rovine. Nella Prima Guerra Mondiale (1915-18) la Società Operaia non solo aveva pianto i 23 Soci caduti nei campi di battaglia, ma nell’autunno 1917, assieme ad una buona parte della popolazione e alle altre istituzioni cittadine, era stata costretta a lasciare Pordenone che stava per essere invasa dal nemico, trovando riparo a Firenze. Sulle rive dell’Arno avevano trovato rifugio il presidente Brusadini, il suo predecessore Marcolini e il segretario Valerio. In pratica, pur tra mille difficoltà la Società Operaia era rimasta in vita e questo si rivelerà importante per il futuro della Società.

A Pordenone la sede della Somsi e quella della Scuola di disegno aveva subito la devastazione e la stessa sorte era toccata agli arredi, alla biblioteca e all’archivio. Il custode Sante Tessitori era riuscito a salvare il vessillo sociale, datato 1868, e questo atto coraggioso aveva permesso di non spezzare il filo che legava il passato e il futuro del Sodalizio. Il periodo seguente non era stato meno cruento e doloroso. Si doveva ricostruire un tessuto sociale e occupazionale dispersosi a seguito della guerra. L’avvento di un regime dittatoriale, lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale con i nostri soldati inviati nelle tragiche Campagne di Grecia-Albania, dell’Africa settentrionale e di quella russa avevano prodotto, nel settembre 1943 la caduta del Governo Mussolini, ma anche la nascita della Repubblica di Salò e l’annessione delle nostre terra alla Germania nazista. Durante la guerra la città di Pordenone aveva patito i bombardamenti alleati che avevano causato vittime e danni.

La fine delle ostilità, avvenuta nella primavera del 1945, aveva lasciato una pesante eredità, peraltro accresciuta dal clima di tensione sociale, tuttavia emergeva la speranza in un futuro di pace e di progresso. La rinascita del sodalizio è stata faticosa e ha richiesto un notevole impegno da parte degli organi e del corpo sociale, tuttavia, passo dopo passo, si  è arrivati agli attuali traguardi che sono stati raggiunti tenendo ben presente che le mutate condizioni economiche e sociale di una cittadina, come del resto avveniva nel resto del Paese, avrebbero richiesto una rimodulazione degli intenti e delle finalità del Sodalizio, cosa che è regolarmente avvenuta, ma senza stravolgere le linee guide che nel 1866 avevano ispirato i padri fondatori.

Facciamo un passo indietro per ricordare che l’avvio dell’attività editoriale della Somsi è datato 1926, quando con la stampa di un Numero Unico si era voluto ricordare il 60° di fondazione; successivamente, a parte una lunga pausa che è durata fino al 1960, ad oggi la Società Operaia di Pordenone ha prodotto trentanove pubblicazioni che spaziano dalle tradizioni locali, alle monografie su tematiche sociali ed economiche non dimenticando gli eventi più importanti che hanno accompagnato la storia del territorio pordenonese. Con l’acquisto di nuovi locali e con la ristrutturazione di Palazzo Gregoris la Società Operaia ha potuto avvalersi di una sala, oggi adibita a Centro Culturale, che è un’ottima location per mostre, esposizioni e in genere per qualsiasi tipo di manifestazione.

Dal 1972, infatti, gli eventi si sono susseguiti senza soluzione di continuità investendo i campi dell’arte in tutte le sue forme. Tali attività, alle quali va aggiunta la promozione letteraria, ha permesso alla Società Operaia di inserirsi nella manifestazione pordenonelegge quale sede di eventi legati all’editoria. Rimaniamo nel comparto pubblicazioni per ricordare dove la Società Operaia vanta, come precedentemente accennato, una solida tradizione che risale al 1889 quando aveva istituito una biblioteca itinerante. Guerre e stravolgimenti socio-politici hanno permesso l’apertura di una vera biblioteca nel 1986, previa adozione di un nuovo regolamento. L’attuale Biblioteca Sociale, sita al terzo piano di Palazzo Gregoris, ha un patrimonio librario di circa 5000 volumi divisi nelle Sezioni Antica, Moderna e Contemporanea, il tutto è stato recentemente catalogato secondo i dettami della corretta archiviazione. Dal 2010 la Biblioteca Sociale è inserita nel Polo SEN dell’Università degli Studi del Friuli Venezia Giulia ed è parte integrante del Servizio Bibliotecario Nazionale.

Tra il 1991 e il 1992 la Somsi istituisce la Scuola Popolare di Musica in collaborazione con la Società Filarmonica pordenonese. La Scuola, che recentemente è stata intitolata a Luigi Mascagni, in un primo tempo si prefiggeva di preparare i giovani musicisti che sarebbero andati ad ingrossare le fila della Banda Municipale, tuttavia visto il grande successo dell’iniziativa e il notevole afflusso di studenti, ha ampliato l’orizzonte con corsi divisi in quattro livelli (propedeutici, popolari, non accademici ed accademici) senza dimenticare le iniziative promozionali, le materia complementari e i corsi speciali. Le specialità strumentali sono varie che in tanti anni di attività hanno incontrato e tuttora incontrano il favore dei giovani allievi, grazie ad un corpo insegnante di ottimo livello.